"La zona di interesse" di Jonathan Glazer
- pagineedaltro
- 18 mar 2024
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Il film "La zona di interesse" premiato di recente con due statuette nella notte degli Oscar di Los Angeles come miglior film straniero e per la migliore colonna sonora (l'ultimo, in ordine cronologico, riferito alle nefandezze del nazismo) lascia il pubblico, forse ad un giudizio, meno immediato ed istintivo, rispetto a quanto si era abituati ad osservare.
La macchina da presa di Jonathan Glazer , infatti, senza mai infrangere la linea sottile che separa la sfera privata dei personaggi da quella delle atrocità e della disperazione del lager di Auschwitz, accompagna gli spettatori attraverso un viaggio quasi irreale, in un limbo ove ci si muove e si vive in un quotidiano familiare fatto di premure e gentilezza ove l'olocausto arriva appena accennato non riuscendo ad invadere quell'armonia.
La segregazione e la morte che quotidianamente si ripetono al di là di quelle mura, sembra, infatti, appartengano ad un mondo distante che nulla ha a che fare con quella realtà.
Sembrerebbe che lo stesso Hoss (personaggio principale comandante del campo di concentramento di Auschwitz) al cospetto di tanto dolore, non abbia nessun travaglio interiore, tanto che la vita dei deportati, risulti assimilata alla stregua di eco-pallets destinati ad un inceneritore ecologico.
Cosicché la trattativa per l'acquisto di nuovi forni crematori, occulta volutamente il fine a cui è destinata, ovvero il valore della vita umana, evidenziando esclusivamente la qualità del prodotto acquistato.
La regia di Glazer si muove quindi secondo questi elementi senza mai attraversare il muro di recinzione del lager.
C'è un parallelismo costante tra le immagini che si limitano a mostrare le mura di cinta ed il filo spinato, con la musica che in diversi momenti, si fa coinvolgente e profonda, trasportando lo spettatore nell'orrore dello sterminio nazista.
Così tutto si muove secondo un equilibrio ben congeniato che non entra però nel dolore, nello strazio e nella disintegrazione dell'essere umano, ma si svolge in un modo indiretto, lasciando allo spettatore, la prospettiva ed il senso di quel dolore.
È nell'ottica di questo continuo bilanciamento che si snoda la trama descrivendo questa comunità, limitrofa al campo, raggiunta da un misto di suoni e di rumori provenienti dal lager, trasformandoli in un tunnel sonoro denso di angoscia.
Il paradosso si fa tanto più evidente quando Hoss a seguito di una promozione viene trasferito in altro luogo per un nuovo incarico e la moglie Hedwig lo prega di chiedere alle autorità vicine al Furher di poter rimanere a vivere in pace in quella che, ormai, rappresentava, la loro dimora.
L'ultimo atto che vede Hoss, subito dopo aver ricevuto la promozione, vomitare lungo le scale di un imponente edificio sede del comando nazista, lascia forse intravedere, il barlume di una consapevolezza mai manifestata prima.
"La zona di interesse" resta, quindi, separata e distante; un "isola" lontana dove morirono da 1.000.000 a 1.500.000 ebrei che restano nella memoria dell'intera umanità, per ricordare le atrocità di una esperienza che ha segnato, irrimediabilmente, il cammino dell'uomo.
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