La solitudine delle "tastiere"
- pagineedaltro
- 7 feb
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Gentile Dottoressa
Probabilmente non avevamo valutato abbastanza il fatto che l'individuo in quanto essere umano avrebbe prima o poi pagato il prezzo di una tecnologia incapace di leggere un futuro fatto di emarginazione.
Ebbene eccoci "Io sono l'altro"; quello che in qualche modo ha visto o incontrato, soltanto nella sua immaginazione. "L 'altro" rimasto chiuso nel cassetto delle possibilità, dell'ignoto". Quello che come lei è lì, al cospetto della propria tastiera, che disegna i possibili scenari di una diversa realtà nel tentativo di trasformare "l'altro" in noi.
Eccoci, siamo noi; noi che ci interroghiamo e cerchiamo di costruire scenari capaci di restituire alla nostra vita quella spontaneità, quel contatto, ma soprattutto quella naturalezza che solo la frequentazione e la conoscenza reale possono offrire.
Siamo orfani "dell'altro", viviamo in un mondo che vive soprattutto di "Io". Di milioni di anime che vagano, oltre il muro di cinta della solitudine, senza mai incontrarsi, senza potersi guardare negli occhi, senza sentire la necessaria presenza "dell'altro" e forse senza nemmeno saperlo immaginare.
Siamo in un mondo profondamente cambiato incapace di ritrovare il suo vero volto, le ragioni della socialità, il bisogno di ogni individuo di un "noi" che lo possa ricondurre a stili di vita ove al centro c'è "l'uomo", la natura umana.
E comunque, se ne siamo consapevoli, vuol dire che stiamo già provando a farlo, che forse già domani potremmo lasciare da parte i nostri “follower” e ritrovarci in una piazza, in un ristorante, in un bar per confrontarci discutere, e magari darci una pacca sulla spalla e guardarci negli occhi. Tornare ad essere persone con tanto di voci caratteri, storie, vite e sentimenti.
Sì sicuramente abbiamo bisogno di questo; abbiamo bisogno di umanità, di condivisione in carne ed ossa; di quelli che una volta chiamavamo amici; di vedere volti felici e di sorridere e perché no? Di abbracciarci.
Buona giornata
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